“La lotta per la democrazia e i diritti dell’uomo in Birmania è una lotta per la vita e la dignità”

Questa è una delle frasi più famose del Nobel per la pace e fondatrice della Lega Nazionale per la Democrazia in Birmania, Aung San Suu Kyi ( Rangoon, 19, giugno, 1945) che degli ultimi 19 anni ne ha scontati 13 agli arresti domiciliari. La sua colpa è stata di proseguire la battaglia del padre Aung San per la libertà e la democrazia e di vincere le elezioni politiche del 1990, indette dallo stesso regime militare che da quell’anno l’ha più volte incriminata e arrestata.

Questa volta Aung San Suu Kyi è stata incriminata, insieme alle sue aiutanti, per non aver rispettato gli obblighi degli arresti domiciliari ospitando nella sua casa l’americano John William Yettaw il quale per raggiungerla avrebbe, nei primi giorni di maggio, attraversato a nuoto il lago adiacente la casa dove la San Suu Kyi è segregata da anni. La leader della Lega Nazionale per la Democrazia ha respinto le accuse affermando di non conoscere Yettaw.

In questi giorni il processo alla San Suu Kyi, divenuta icona internazionale della non-violenza e della democrazia, è stato sospeso per permettere ad uno degli avvocati della difesa, Nyan Win, di presentare una nuova testimone: Khin Moh Moh un’esponente della Lega Nazionale per la Democrazia. Il processo riprenderà il prossimo 26 giugno.

Certamente questo avvenimento scatenato da Yettaw ha offerto il destro al governo militare per un ennesimo tentativo di delegittimazione del peso politico della San Suu Kyi che mira a toglierle definitivamente visibilità; se il processo dovesse concludersi a sfavore, il premio Nobel per la pace dovrebbe scontare 5 anni di carcere, non potendo così presentarsi alle elezioni politiche del 2010 promesse dall’attuale governo militare.

Alle richieste di rilascio della comunità internazionale il governo militare del Myanmar ha risposto che il processo e la detenzione di Aung San Suu Kyi sono questioni interne al paese. Ma è evidente che, quando vengono negati anche i più elementari diritti umani e politici la “lotta per la vita e la dignità” non ha confini, ma investe tutti i popoli che riconoscono il valore della democrazia e della libertà contro ogni regime. Non ci resta che continuare a far sentire la nostra voce.

Enzo Caponera

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