Il numero delle persone che soffrono la fame potrebbe ridursi del 12-17% se le donne delle zone rurali avessero le stesse opportunità degli uomini in termini di accesso alla terra, alla tecnologia, ai servizi finanziari, alla scolarizzazione e ai mercati. Ad affermarlo è il Rapporto sullo Stato dell’alimentazione e dell’agricoltura presentato dalla Fao nella sede dell’Onu in occasione della Giornata internazionale della donna. Secondo quanto riportato dall’analisi, se nei paesi in via di sviluppo ci fosse parità tra i sessi nel settore agricolo la produzione potrebbe aumentare tra il 2,5 e il 4%. Fattore che a sua volta permetterebbe a 100-150 milioni di persone di non soffrire più la fame, con una diminuzione del 12-17% rispetto ai 925 milioni di oggi (906 milioni solo nei paesi in via di sviluppo).
“Dobbiamo eliminare ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne e far sì che il loro accesso alle risorse sia più equo, che ogni politica e programma di sviluppo tenga presente la disparità di genere e che le voci delle donne siano ascoltate ad ogni livello decisionale - ha affermato il direttore generale della Fao, Jacques Diouf -. Le donne devono essere viste come partner paritarie nello sviluppo sostenibile”. Solo così si potrà vincere la lotta contro la fame e la povertà estrema.
Le donne in agricoltura. Le donne rappresentano in media il 43% della forza lavoro agricola nei paesi in via di sviluppo. La percentuale oscilla tra il 20% dell’America Latina e circa il 50% nel Sudest asiatico e nell’Africa sub-sahariana. Purtroppo però rispetto agli uomini sono meno pagate e hanno forme di occupazione meno sicure, più precarie, stagionali o part-time. Solo quando lavorano nelle industrie agro-alimentari orientate verso l’esportazione ricevono opportunità migliori. “Le donne hanno rese più basse degli uomini ma non perché sono meno brave - spiega Terry Raney, curatrice del Rapporto -, la differenza si deve al fatto che lavorano in appezzamenti più piccoli ed usano pochi fattori produttivi come fertilizzanti, sementi migliorate ed attrezzi”.
Minore accesso alle risorse. Ci sono differenze sostanziali tra uomo e donna nell’accesso alle risorse agricole. Le donne hanno più difficoltà ad accedere a terra, bestiame, bracciantato, scolarizzazione, servizi di divulgazione agricola, credito, fertilizzanti e attrezzature meccaniche.
La percentuale di donne proprietarie dei campi che lavorano oscilla tra il 3 e il 20%, a fronte di una percentuale di forza lavoro agricola femminile che va dal 20 al 50%.
“L’esperienza di molti paesi dimostra che politiche adeguate possono promuovere l’uguaglianza dei sessi. La priorità è eliminare ogni forma di discriminazione ai sensi della legge - ha aggiunto Raney -. In molti paesi le donne non hanno gli stessi diritti degli uomini per quanto riguarda comprare, vendere o ereditare terra, aprire un conto di risparmio o avere un prestito, firmare un contratto o vendere i propri prodotti. E perfino laddove sulla carta esistono diritti legislativi, nella pratica sono spesso disattesi”.
I cambiamenti possibili. La soluzione, secondo l’autrice del Rapporto passa per una responsabilizzazione delle amministrazioni statali, che devono sostenere il rispetto della legge. Oltre ad aumentare la produzione agricola complessiva, l’eliminazione della disparità uomo-donna in agricoltura permetterebbe anche di mettere più soldi nelle mani delle donne, una strategia che si è rivelata efficace per migliorare le condizioni di salute, l’alimentazione e la scolarizzazione dei bambini. “Uno dei migliori investimenti che possiamo fare è costruire il capitale umano delle donne e delle ragazze: scolarizzazione di base, informazioni commerciali e servizi di divulgazione sono la base per promuovere produttività agricola e crescita economica” sostiene Raney.
Ovviamente senza perdere di vista le differenze: “Gli uomini e le donne hanno ruoli differenti nella società e fanno i conti con opportunità e difficoltà differenti. Non possiamo fare delle buone politiche agricole se non teniamo presente queste differenze di genere” aggiunge. L’importante è rendere le donne consapevoli dei loro diritti e metterle nelle condizioni di reclamarli.


