Caro cibo, prezzi saliti del 36% in un anno. Cosa fare per ridurre il rischio di povertà

Oggi la più grave emergenza economica non è rappresentata dalla crisi finanziaria ma dall’aumento dei prezzi del cibo, che rischia di far cadere nella povertà altre 10 milioni di persone. L’allarme è arrivato il 14 aprile dal presidente delle Banca Mondiale, Robert Zoellick, che durante gli incontri di primavera a Washington ha parlato di un rincaro degli alimenti pari al 36% in un anno.

I prezzi dei cereali. A marzo il costo dei cereali è stato estremamente volatile. Ha subito dapprima un brusco crollo,  poi ha riguadagnato buona parte delle perdite. La Fao ha aggiunto che la produzione mondiale di cereali è calata nel 2010. Questo ha determinato una riduzione delle scorte, proprio mentre si prevede che l’uso di cereali raggiungerà livelli record nel 2010/11.
A questo si aggiungono le stime della Banca Mondiale, creata alla fine del 1945 per aiutare Europa e Giappone nella ricostruzione del dopoguerra, occupatasi poi dello sviluppo economico dei paesi dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina, e oggi concentrata sulla riduzione della povertà. Secondo i dati dell’Osservatorio sui prezzi del cibo, negli ultimi 12 mesi, i prezzi del mais sono saliti del 74%, quelli del grano del 69%, quelli dei semi di soia del 36% e quelli dello zucchero del 21%. Solo il riso si è mantenuto stabile. In molti paesi poi carne, frutta, verdura e olio per cucinare hanno subito rincari che hanno determinato “conseguenze nutrizionali negative per i più poveri”.

Le ripercussioni per la popolazione mondiale. Secondo la Banca Mondiale, un ulteriore aumento dei prezzi pari al 10% potrebbe portare altri 10 milioni di persone sotto la soglia di povertà estrema (1,25 dollari al giorno). Un’impennata del 30% potrebbe far sprofondare nella miseria altri 34 milioni di individui. In aggiunta ai 44 milioni che ci sono finiti dal mese di giugno dello scorso anno, portando a 1,2 miliardi il numero complessivo delle persone che vivono con meno di un dollaro e 25 centesimi al giorno.

Le cause. A determinare il rincaro dei prezzi degli alimenti sono stati l’aumento della domanda in alcuni Paesi emergenti grazie al cambiamento delle abitudini alimentari, gli eventi atmosferici avversi che hanno investito alcuni paesi grandi esportatori, le restrizioni alle esportazioni introdotte in altre nazioni e il basso livello delle scorte. A questa lista bisogna aggiungere il crescente uso di materie prime alimentari per la produzione di biocarburanti e l’aumento dei prezzi dei combustibili.

I rimedi possibili. Per la Banca Mondiale occorre contrastare questa tendenza, non solo rimuovendo le barriere doganali che restringono le esportazioni di cibo, ma anche con misure urgenti di assistenza alimentare a favore dei più poveri. È per questo che ha stanziato 7 miliardi di dollari per aumentare la produzione agricola nei Paesi in via sviluppo. Il presidente Robert Zoellick ha inoltre invitato il G-20 a migliorare la trasparenza sulle scorte alimentari e sulla produzione. E ha caldeggiato l’adozione di strumenti finanziari che riducano la volatilità dei prezzi, di nuove tecnologie che fortifichino le coltivazioni di riso e l’aumento degli sforzi per ridurre i cambiamenti climatici.

Jennifer Zocchi

Immagine 720x540: