Ci accorgiamo delle tragedie umanitarie sempre (e solo) quando un'istituzione internazionale lancia appelli e tira fuori i numeri. Anche questa volta, per il Corno d'Africa, sta andando così. La crisi alimentare, tra le più gravi mai viste, è cresciuta nel silenzio mediatico fino a quando, dati alla mano, ONU, FAO e Unicef non hanno alzato la voce per farsi sentire in occasione del vertice straordinario sul Corno d'Africa tenutosi a Roma.
Veniamo così a sapere che le Nazioni Unite hanno dichiarato ufficialmente lo stato di carestia in due regioni del sud della Somalia: il sud di Bakool e il Basso Shabelle, secondo quanto affermato dall'ufficio di coordinamento degli Affari umanitari dell'Onu in Somalia. Scopriamo che, tecnicamente, la carestia viene dichiarata quando almeno il 20% delle famiglie è esposto a carenza di cibo molto forte, quando il tasso della malnutrizione supera il 30% e quando la mortalità arriva a due decessi al giorno su 10 mila abitanti. La situazione somala, dunque, ha ampiamente superato questi parametri: secondo le stesse stime, oltre la metà della popolazione, 3,7 milioni di abitanti, si trova in una situazione di gravissima emergenza alimentare.
Una situazione drammatica resa ancora più difficile dall'interminabile stato di guerra, dalle radici lontanissime e non così estranee alle responsabilità occidentali, che da sempre sconvolge il Corno d'Africa (non solo Somalia, ma anche Eritrea, Gibuti, Etiopia e Kenya). La situazione somala, in particolare, è peggiorata anche dalla presenza di gruppi armati islamici fondamentalisti che hanno bandito negli ultimi due anni ogni aiuto proveniente da paesi stranieri. La recente riapertura del corridoio umanitario non è in grado ora di far fronte alla crisi.
L'appello più forte della giornata del 25 luglio arriva dall'UNICEF: "Questa è una carestia infantile" - ha dichiarato il direttore Anthony Lake - " Già prima dell’emergenza questi bambini erano tra i più svantaggiati del mondo. Vivono in bilico e diventano più vulnerabili giorno dopo giorno, privati di ogni bisogno umano e di ogni diritto fondamentale".
L'invito dell'UNICEF è di passare subito all'azione: "Questa carestia non è solo questione di cibo. È una questione di scelta obbligata" - ha continuato Lake - "La comunità globale non si trova di fronte a una scelta circa la risposta da dare, perché, di fronte a un’emergenza così evidente, non ci può essere altra scelta se non quella di agire subito".
Al vertice di Roma non sono ovviamente mancati i proclami di impegni economici: la Banca Mondiale ha annunciato uno stanziamento di 500 milioni di dollari, di cui una parte (8 milioni) servirà per gli interventi di emergenza mentre il resto dovrebbe essere investito in progetti di lungo termine per potenziare l’agricoltura. L’Unione Europea ha pronti 100 milioni; l’Italia avrebbe stanziato 13 milioni, più altri 4 mirati alle comunità agropastorali. Ma secondo alcune stime, all’appello per adesso mancano ben 900 milioni di dollari, oltre la metà di quel che servirebbe. Nel frattempo, il World Food Program dell’Onu sta moltiplicando i ponti aerei per distribuire aiuti alimentari.
Giorgia Li Vigni
![Foto di Simon Berry [Creative Commons]](https://test.aidworld.net/sites/default/files/28_luglio_Foto_di_Simon_Berry_%5Bcreative_Common%5D.jpg)

![Foto di Simon Berry [Creative Commons]](https://test.aidworld.net/sites/default/files/styles/medium_large_notizia/public/28_luglio_Foto_di_Simon_Berry_%5Bcreative_Common%5D.jpg?itok=DR7iEWEt)