Rapporto Onu: perché il futuro deve essere sostenibile

Eguaglianza, equità ed ecologia. Dalla tripla A alla tripla E. Basta con i giudizi delle agenzie di rating, le previsioni di crescita incentrate sul Pil e la corsa sfrenata al cosiddetto progresso, inteso semplicemente come incremento costante degli indicatori economici: ciò che serve nel futuro è un modello globale di sviluppo alternativo a quello attuale, che sia incentrato sulla qualità della vita, il rispetto dell’ambiente e i diritti delle persone.

A sostenerlo è la relazione recentemente presentata dal High-level panel on global sustainability, organismo istituito nel 2010 dal segretario generale della Nazioni unite (http://www.un.org) Ban Ki-moon.

Durante la presentazione del dossier ad Addis Abeba, i copresidenti del panel, il sudafricano Jakob Zuma e la finlandese Tarja Halonen, hanno sottolineato con forza che nell’attuale fase di intensa crisi che l’intero pianeta sta attraversando, sia dal punto di vista economico, che sociale e climatico, “l’eliminazione della povertà e il raggiungimento di una maggiore uguaglianza tra gli individui devono divenire le priorità dell’intera comunità degli Stati”, e che oggi più mai quella dello sviluppo sostenibile rappresenta l’unica strada percorribile per salvaguardare il benessere delle prossime generazioni.

Oltre a Zuma e Halonen, tra i membri dell’organismo Onu vi è anche Gro Harlem Brundtland, l’ex primo ministro norvegese che nel 1987, a capo della Commissione Bruntland, elaborò lo storico rapporto Our common future, in cui venne introdotto per la prima volta il concetto di sviluppo sostenibile.

Oggi quella definizione è ancora la più diffusa: “Sostenibile è quello sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri”.

Come sottolineato dal documento del High-level panel, tuttavia, a venticinque anni di distanza, e nonostante i progressi compiuti in molte direzioni, il modello di crescita adottato a livello globale non può ancora definirsi pienamente sostenibile.

Per mutare questa situazione è necessario un “cambiamento radicale - sostiene il dossier - a cominciare da come siamo abituati a concepire il rapporto con gli altri e con l’ambiente che ci circonda”.

Da qui le 56 raccomandazioni che gli esperti che hanno elaborato il testo rivolgono ai governi di tutto il mondo: dall’aumento dei finanziamenti per la lotta alla povertà all’istituzione di un fondo globale per l’istruzione, dall’impegno a garantire l’accesso universale alle risorse energetiche sostenibili alla necessità di assicurare ad ogni essere umano adeguate cure mediche in caso di bisogno.

Perché, concludono gli esperti, “è arrivato il momento di mettere l’essere umano al centro di questo sistema: è l’unico modo di garantirci un futuro”.

di Jennifer Zocchi

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