Infibulazione, un altro passo verso l’abolizione

Mettere al bando le mutilazioni genitali femminili in tutta l’Africa. Lo hanno chiesto i deputati dei parlamenti africani all’Assemblea delle Nazioni Unite il 6 maggio. Si tratta di un passo intermedio verso il cambiamento culturale, l’unico vero fattore in grado di determinare una svolta. Solo in Senegal, infatti, le campagne di informazione e sensibilizzazione mirate, avviate dopo l’adozione di una legge per eliminare il fenomeno, hanno portato ad una riduzione della pratica del 70%.

La richiesta. I deputati dei parlamenti africani, riunitisi il 6 maggio a Dakar, in Senegal, hanno chiesto all’Assemblea generale delle Nazioni Unite l’adozione di una risoluzione per mettere al bando le mutilazioni genitali femminili (Fgm) in tutto il continente, in quanto pratica considerata “lesiva della dignità e dei diritti umani”.

L’estensione del fenomeno. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms, www.who.int ), attualmente in Africa sono circa 91 milioni le ragazze sopra i nove anni sottoposte a questo trattamento, con un ritmo di crescita di quasi tre milioni di vittime ogni anno. La diffusione del fenomeno varia considerevolmente da regione a regione all’interno del Paese, ma secondo l’Oms in almeno sette stati (Egitto, Eritrea, Gibuti, Guinea, Mali, Sierra Leone e Somalia) e nel Nord del Sudan la quasi totalità della popolazione femminile subisce mutilazioni genitali. Meno critica, ma comunque preoccupante, la situazione in Burkina Faso, Etiopia, Gambia, Mauritania, mentre in Ciad, Costa d’Avorio, Guinea Bissau, Kenya e Liberia il tasso di diffusione sarebbe tra il 30 e il 40 per cento.

La condanna formale e la pratica effettiva

Il “protocollo di Maputo”, approvato nel novembre del 2005, dall’Unione africana, vieta e condanna in modo esplicito le mutilazioni femminili. L’incontro di Dakar ha rappresentato un’occasione per concentrare l’attenzione sulla discrasia esistente tra il sostegno formale alla lotta contro le mutilazioni da parte di alcuni Paesi e la mancanza di un impegno concreto e diretto dei loro governi per adottare e far rispettare leggi e norme in materia. “Le leggi sono solo un passo intermedio, c’è un lungo lavoro culturale da fare per sradicare il fenomeno dai villaggi” ha dichiarato N'Deye Soukeye Gueye, ministro della Famiglia senegalese.

Cosa si può fare. L’esempio del Senegal. Il Senegal è stato tra i primi Paesi del continente a varare un’apposita legge contro le mutilazioni genitali. Come sottolineato dal responsabile del dicastero della Famiglia, i risultati maggiori nella lotta a questa pratica sono stati ottenuti grazie a una serie di campagne di informazione e sensibilizzazione mirate, avviate nelle zone di maggior diffusione del fenomeno. Grazie a questi programmi gli anziani dei villaggi e gli esponenti religiosi locali sono stati lentamente convinti ad abbandonare questa usanza, con un tasso di riduzione della pratica che ha toccato punte del 70 per cento.

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